“Ciao
prof,
eccomi
di ritorno, vado subito con il titolo, mail importante ci vuole un
bel titolo eccolo : avevi ragione, Avevi ragione prof, le due
settimane in montagna hanno funzionato, la casa di mia zia era
uno spettacolo, arredata benissimo; è esattamente come uno si
immagina una casa di montagna, con i mobili di legno, la cucina con
le pentole di rame, con il balconcino, i fiori rossi, non ho idea di
che fiori fossero, ma erano una figata, Non mi sono stordito con
l’altitudine o con la grappa Caterina, sono sempre io non ti
preoccupare ! La mattina mi facevo la colazione, caffè con il latte,
fette biscottate con la marmellata fatta in casa, me l’ha
data la vicina di mia zia, una donna con della braccia da camionista;
se quella ti dà una sberla ti vola via il teschio e rimane la
pelle penzolante ! Verso le nove partivo con le mie
passeggiate, zaino in spalla contenente:acqua , fazzolettini
umidificati, biscottini fatti in casa dall’energumena, telo bagno e
il tuo libro, il terribile Max Frisch. Starai ridendo, io che cammino
con lo zaino in montagna ! Smetti di ridere e ascolta, Arrivo alle
dieci circa al laghetto blu, non ho mai capito se ha un nome,
pucciata dei piedi, poi letture, pensieri, lettura, cielo,
niente, anzi più che altro la voglia di niente, perchè non riesco a
non pensare a niente, pucciata dei piedi e ritorno. Il pomeriggio era
più tranquillo, dormitina, bar del paese a studiare i
personaggi indigeni, ogni tanto andavo al campetto con i ragazzini a
fare due tiri a pallacanestro. La sera, tv, libro, soliti pensieri,
balconcino, liquore ai mirtilli, indovina fatto da chi? Avevi
ragione, il libro mi è piaciuto tanto, più che altro mi ha fatto
pensare, non credo che sia un capolavoro, delle parti sono un po’
noiose, me lo avevi detto, ma ci hai beccato, mi ha stimolato
un sacco. Adesso che finalmente ho iniziato a leggere un po’
mi viene più facile, prima arrivavo più o meno a pagina venti di
qualsiasi libro e lo piantavo lì.
Avevi
ragione non posso fare il cameriere a vita, devo muovermi, ci devo
provare, quello del lavoro è un campo di battaglia e io ho le armi
per combattere come tutti quanti; non devo andare avanti per
inerzia senza stimoli, perchè non va bene, così mi troverò a
quarant’anni con un bel mucchietto rancido di recriminazioni. Non è
un disonore fare il cameriere, dipende con che spirito lo fai e io lo
faccio con lo spirito sbagliato, me lo hai sempre detto. Mi sa che è
anche per questo motivo che continuo a litigare con il mio
capo, perchè non sono sereno; è sbagliato, ho fatto diventare
il mio capo il recipiente della mie incazzature. Ci sono arrivato da
solo, evviva ! Sento il tuo applauso. e vedo il tuo sorriso.
Caterina
sono uno stupido, questo è stato il pensiero di partenza, il primo
giorno davanti al laghetto con i piedi a mollo. Avevi ragione hai
fatto bene a ripetermelo fino a farmi incazzare, mi perdo nella
noia, mi attacco alla tristezza, faccio il poeta maledetto, mi sono
ritagliato un personaggio e ci gioco, Ma è un gioco del cazzo,
hai ragione me lo hai detto mille volte, ma dovevo arrivarci io, con
la mia testa. Ho fatto l’inventario di quello che ho, di quello che
mi sono costruito in questo anni : la famiglia, niente, non
parlo con loro, non sono mai sincero, ho una maschera, amici, anche
con loro, te l’ho raccontato anche prima di partire, sono diventato
troppo negativo, come dici tu “astioso”. Mi ricordo tutto quello
che mi hai scritto sei una grandissima rompiscatole, ma avevi
ragione.
Riguardo
a Lisa ci hai beccato come al solito anche con lei, sono contento che
vada a Londra a lavorare e sono contento di sapere che adesso
sta bene. Non la conosco, ma è stata lei l’anno scorso a
darmi la tua mail e quindi per me rimane una persona speciale.
Ci pensavo l’altro giorno, sono dieci mesi che ci scriviamo tutti
giorni, quanto cavolo di tempo che mi hai dedicato e quanto
entusiasmo e interesse per uno come me. So che lo hai fatto
anche con Lisa e che lo farai anche con altri tuoi studenti e lo
trovo straordinario. Fai sentire le persone vicino a te uniche, stop
altrimenti svieni se inizio a fare il romanticone.
Adesso
viene la parte più difficile, te la voglio raccontare bene. Un
giorno ero al laghetto, si è presentato un tipo con i capelli
lunghi, magro altro, si è messo seduto per terra, mi ha
salutato, si è spogliato, è rimasto in mutande nella posizione del
loto, ha fatto il bagno. L’acqua era gelida io facevo fatica
a mettere i piedi dentro, mi sembrava il solito fuori di testa che si
è fumato il cervello. E’ uscito, bello fresco, si è messo al
sole, non lontano da me, aveva i capelli scuri raccolti in una coda.
L’ho guardato bene aveva la faccia intelligente, gli occhi stretti,
sfuggenti, espressivi, profondi, sembrava un indiano d’America.
Gli ho detto quattro stronzate, lui mi ha risposto tranquillo e
ho scoperto che era tedesco, ho capito perchè aveva fatto il bagno
nell’acqua gelida. Ad un certo punto mi ha detto “ sembra
normale che il sole ti scaldi e ti asciughi, per me fino a qualche
tempo fa lo era, invece adesso no, lo apprezzo, è una cosa
semplice,ma se ci pensi bene pensa a quanto è bello capire che
tutto quello che è semplice non è scontato” Una frase così,
non ridere Caterina ti vedo, può essere una grandissima
banalità lo so, per me poi che sono sempre così, come dire, un
tantino cinico ! Ma detta in quel momento, vicino a quel lago, da
quel ragazzo, in quel modo mi ha fatto partire un sacco di pensieri,
sai tipo effetto dominio e sono arrivato dove sei arrivata tu. Non ti
sto a dire tutto, perchè ci siamo già detti un milione di parole,
quello che conta è che ho capito cosa intendevi quando mi hai
detto che dovevo partire e non scriverti per due settimane nemmeno un
messaggio, nemmeno un ciao. Ti ricordi bene come ho reagito !
Adesso penso proprio di avere capito. Tu sei diventata il
mio spazio, la mia cella, dolce, carina accogliente, ma sempre una
cella, avevi ragione, non sto cercando nessun altro affetto. Sono
diventato dipendente dalla tue parole e tu te ne sei accorta. Con me,
in questi mesi, sei stata straordinaria, quando sono sceso da quella
nave ero completamente perso, ero finito in una palude.
Sulla nave mi ero stordito facendo quello che ho fatto, lo sai; ma
non ero io quella persona, la persona che prendeva in giro le ragazze
e se stesso, Tornato a Milano me ne sono reso conto e ho
trovato te.. Sono mesi che mi dici di cercare la semplicità,
ci hai provato, ma mai come dicevi tu, mi sono inventato un tormento
dietro l’altro, anche quelli che non sentivo veramente fino in
fondo, quello sì mi è venuto molto bene. E’ vero da quando ci
sei tu non cerco nessun altra, mi sono infilato nelle parole che
tutti giorni ti scrivo e tu mi scrivi. hai ragione ho bisogno di
qualcuna da amare, in modo semplice, facendo i miei errori, provando
e vivendo. Ho bisogno degli amici, di un progetto , un lavoro
diverso. In questo dieci mesi anche tu sei cambiata, ti ho
sentito rinascere, hai avuto la forza di costruirti una nuova vita
dopo che quello stronzo ti ha lasciato, scusa lo so che non vuoi che
lo chiami stronzo ma non me ne frega niente, sono contento che ora
hai trovato la persona giusta. E lo sai che sono sincero, sai
cosa intendo, vero ? Avevi ragione,quando mi dicevi che le
parole sono pericolose, Il mese scorso mi hai scritto che deve
esserci equilibrio tra quello che fai, e quello che dici, altrimenti
finisci in un vortice che non ti fa muovere di un
centimetro.; devo essere sincero non avevo capito cosa intendevi, ora
sì, Sono mesi che non ho progetti, che non faccio niente, quello
che ti dico è soltanto un argomento di cui parlare con te, irreale.
Irreale e complicato, non ha niente a che fare con la semplicità.
Cazzo, lamentarmi, raccontarti la mia fatica di vivere, era
diventato la normalità, un luogo tranquillo dove stare !
Avevi ragione, non mi ha detto quello che mi hai detto perchè
eri stufa di me, sono stato un cretino a dirti quelle cose, a non
capire che tutto l’entusiasmo che ci hai messo deve servirmi;
adesso è il momento giusto per dare un senso a tutto quello
che di straordinario hai fatto, me l’ho hai detto perchè ci
tieni veramente a me. Perchè vuoi il mio bene. Hai usato un
tono duro, io ti ho detto che non ti riconoscevo, sei stata tosta, il
giorno prima di partire ero incazzato nero; ma ripensandoci adesso
c’era così tanta bellezza in quelle parole da farmi
venire la pelle d’oca. Ti sarà costato tantissimo farlo, lo
so , so come sei. Su questa cosa non rispondermi, non
aggiungere una parola, mi farebbe male, sappiamo tutto.
Qui
chiudiamo le comunicazioni mi prendo il compito che mi hai dato
e lo svolgerò con impegno e precisione professoressa Braschi.
Ah!
Comunque ci vediamo perchè devo ridarti il libro ! Vero ?!? E
poi ho un regalo.
un
abbraccio Nico”
Spedì
la mail.
Si
mise la camicia bianca, prese la camicia di ricambio e la infilò
nella borsa, ci infilò anche il papillon e il cellulare. Aveva un
matrimonio nel pomeriggio. Uscì di casa era una splendida giornata
di fine giugno, il cielo era tappezzato di nuvole bianche. L’aria
era fresca era il pomeriggio perfetto per lavorare all’aperto e per
sposarsi. In giorni così il suo lavoro non gli pesava.
Sentì
il gatto miagolare, era entrato di sicuro dalla finestra del bagno
che d’estate era sempre aperta. Andò in cucina, aprì il
frigorifero prese il latte e due fettine di prosciutto e gliele
diede. Il giorno prima di partire per la montagna, per la prima
volta il gatto si era fatto accarezzare; era un randagio, un gattone
grigio e rosso , senza un orecchio e con lo sguardo guardingo
di chi ha fatto mille battaglie. Adesso, dopo due settimane, Nico
non sapeva se avrebbe potuto toccarlo di nuovo senza rischiare un
incontro con i suoi gli artigli. Aspettò che finisse il pasto,
si accovacciò, e rimase a guardarlo qualche secondo, facendo
finta di interessarsi poco a lui. Il gatto non si muoveva, poi
con circospezione si avvicinò e strofinò il muso sulle sue
ginocchia. Allora Nico gli accarezzò la testa; due, tre
carezze leggere, al primo movimento brusco dell’animale tolse la
mano, e si mise in piedi, Il gatto gli camminò sulla scarpa e poi
andò via. Ormai era fatta, aveva la sua fiducia.
Uscì
di casa saltando due scalini alla volta, controllò con un gesto
meccanico dove fosse il cellulare, si mise a sorridere. Prese un
caffè, era in anticipo, si mise a parlare con una vecchietta che
aveva un cagnolino che lo fissava. La vecchietta gli raccontò per
filo e per segno tutte le abitudini del suo compagno peloso, gli
illustrò il carattere, pregi e difetti. Nico sentì che quella donna
aveva bisogno di parlare con qualcuno, allora le fece un sacco
di domande. Si salutarono come se fossero ottimi amici.
-
Grazie adesso vado,- disse la vecchietta,- vedi quando fa
quella faccia è perchè si è stufato.
-
Buongiorno signora, - accarezzò il cane,- ci vediamo,
prima o poi ci si vede da queste parti.
L’auto
correva tra i vigneti, la musica riempiva l’abitacolo, Nico stava
ascoltando la colonna sonora di Pulp fiction e muoveva le dita
picchiettandole sul volante. Percorse una lunga strada sterrata
e entrò nella villa. Andò in cucina, salutò i colleghi, si sistemò
il papillon, Il capo si mise nel centro della stanza seduto su un
tavolino e chiamò tutti, prese un foglio e diede le
disposizioni per il pranzo di nozze. Nico aveva i tavoli dall’uno
al cinque. Iniziarono ad imbandire, La villa era molto bella, e
curata, gli avevano detto che era del settecento, era
patrimonio del F.A.I ; gli sposi dovevano essere molto ricchi
perchè costatava tantissimo affittarla. Nico si mise a scherzare con
Maurizio, era l’unico collega che gli era veramente simpatico.
Maurizio lo aveva aiutato parecchie volte. era nato per fare il
cameriere; aveva cinquant’anni e faceva quel mestiere da trentasei,
lo faceva sempre con il sorriso anche se era tosto e non si faceva
mai mettere i piedi in testa da nessuno. Non sapeva per quale motivo
lo aveva preso sotto la sua protezione.
Maurizio
aveva i tavoli dal sei al dieci e spesso si incrociavano.
-
Oh Nico questi sono pieni di soldi, chissà quanta gnocca c’è.,
più soldi più gnocca, è una regola matematica, io ho esperienza
ragazzo.
Nico
si mise a ridere,
-
Oh Nico oggi il capo mi sembra più stronzo del solito stai
tranquillo oggi, non fare il fenomeno come l’ultima volta, goditi
la gnocca., Se ti rompe guarda la più figa che c’è in giro e
immagina, immagina ragazzo.
-
Tranquillo Maurizio, la vacanza in montagna mi ha fatto
bene, sono bello come il sole oggi, faccio il bravo.
-
Ma con chi sei andato ?
-
Solo, guarda un figata assoluta, due settimane , pensavo di
rompermi, invece il tempo è volato via alla grande.
-
Non sei andato da solo, mi prendi per il culo, non ci credo
nemmeno se lo giuri su tua madre.. Come fai a stare due settimane da
solo in montagna, ormai è un po’ che guardo, ti conosco ragazzo
mio; ma dai, perchè non me lo dici, ti sei fatto la
ragazza, cosa c’è di strano, non mi avevi raccontato che quando
eri sulla nave andavi via come le brioche ? Dai , finalmente hai
smesso di fare il pirla e ti sei piazzato.
-
Ti ho detto che sono andato da solo, che mi interessa a me dirti una
balla, dai cazzo, cosa me ne viene in tasca ?
-
Nico sei uno stronzo,
Finirono
di imbandire all’una e mezza del pomeriggio, il pranzo era previsto
per le due, Il capo passò tra i tavoli a controllare, si fermò
davanti al tavolo cinque e chiamò Nico.
-
Togli tutto e cambia la tovaglia, non vedi che c’è una macchia,
sei rincoglionito, non controlli, metti a tavola una tovaglia sporca,
lavori con il culo !
Nico
guardò la tovaglia, c’era una macchiolina gialla di due centimetro
quadrati. Prese il cestino dei fiori e lo mise sulla macchia ?
-
Ma che cazzo fai togli tutto e cambia la tovaglia, non siamo alla
mensa dei poveri..
Maurizio,
prima che il capo finisse di parlare, si presentò con un
tovaglia pulita. Il capo lo guardò male, strizzò gli occhi
piccoli e azzurri, e passò la mano tra i capelli biondo
cenere.
Nico
imbandì di nuovo il tavolo numero cinque , poi andò in cucina, si
prese un bicchiere d’acqua e aspettò che arrivassero gli invitati.
Tutto
filò liscio, ci fu il taglio della torta e il brindisi finale;
l’orchestra iniziò a suonare e gli invitati si scatenarono con i
balli. Nico era stanco ma soddisfatto, aveva lavorato con impegno e
attenzione, Gli capitava raramente di lavorare così bene, di tirar
fuori il meglio di sè; forse era successo perchè nell’intimo
aveva già preso la decisione di dare le dimissioni; la vacanza in
montagna, la sua ex prof, i suoi pensieri, lo avevano portato a
pensare che doveva dare una svolta alla sua vita e chiedere di più,
rischiare, inventarsi qualcosa di più gratificante; era
arrivato il momento di smettere di litigare con il capo, ormai
la situazione era diventata insanabile, doveva andarsene, non
c’era altra soluzione.
Mentre
tutti ballavano lui ritirò i piatti sporchi insieme a
Maurizio..Aveva deciso di chiamarlo in settimana, offrirgli un
caffè e dirgli della sua decisione; ci teneva sarebbe stato l’unico
dei colleghi a saperlo in anteprima.
Maurizio
prese delle bottiglie di prosecco e le portò ai tavoli, Nico lo
segui e rimase in piedi vicino a lui a vedere la festa che ormai
contava parecchie vittime dell’alcool. Il capo vagava tra i tavoli,
aveva in mano un piatto con sopra una fetta di torta fatta a
pezzi e schiacciata con una forchetta.
-
E questo ? L’ho preso io da un tavolo. Vi avevo detto
di ritirare tutti i piatti sporchi.
-
Scusi capo, non l’ho visto.
Maurizio
si inserì subito.
-
Dai lascia perdere chef - lo chiamava chef per prenderlo in
giro- abbiamo lavorato alla grande oggi, per un piatto. lascia
stare chef, dammi retta.
-
Nico e la camicia ? E’ sporca vattela a cambiare.
Nico
si guardò la camicia, aveva una grossa macchia di cioccolato
-
Chef per favore - Maurizio alzò la voce, abbiamo finito, adesso
smettono di ballare e se ne vanno.
-
Maurizio non è finita, stanno ballando e dobbiamo servire da bere
fino a quando ballano, so io quando è finito il lavoro, Nico prendi
la camicia di ricambio
-
Non ho la camicia di ricambio capo, non l’ho mai avuta, non me lo
ha mai detto di portarla.
-
Che cazzo dici Nico, l’ho detto il primo giorno di lavoro, tutti
ce l’hanno, e chi non la porta sbaglia, tu Nico hai
fatto quello che hai voluto fino ad adesso, mi prendi per il culo, e
mi guardi come se fossi il presidente della repubblica, ma sei
alle mie dipendenze, se vai avanti così ti lascio a casa, io ti
avviso e io avviso solo una volta, mi piace essere chiaro, non sono
una persona che fa le cose alle spalle, mi hai capito ?
-
Dai chef, - Maurizio fece un passo verso il capo, lo sovrastava
di dieci centimetri, abbassò la testa e la voce,- ok basta, nessuno
di noi ha la camicia di ricambio, io lavoro per te da quattro anni e
non l’ho mai portata, chi vuoi che guardi una macchia di
cioccolato, stanno ballando e sono quasi tutti ubriachi , e se
non ti va bene, faccio io il lavoro di Nico, mandalo a casa.
Il
capo alzò la testa, diede il piatto che aveva in mano a Maurizio.
-
Portalo in cucina, stai tranquillo, per oggi a è andata così,
vai Maurizio vai, oggi sono di luna buona.
Maurizio
rimase con il piatto in mano per qualche secondo, non si fidava di
quella persona, nessuno aprì bocca; allora andò verso la
cucina, si girò un paio di volte per controllare la situazione.
Quando
Maurizio sparì il capo piantò gli occhi negli occhi di Nico
-
La prossima volta vieni con la camicia di ricambio.
-
Sì chef, scusi sì capo.
La
musica era finita, gli ospiti si salutarono, i camerieri iniziarono a
togliere tavoli e sedie in attesa che venisse il camion a
portare via tutto, Il capo radunò tutti in cucina, li
ringraziò e fece un discorso sull’importanza del lavoro di
squadra.
-
Ci vediamo giovedì in sede, così ci organizziamo per il
matrimonio di sabato, ciao ragazzi, Carlo e Nico fermatevi date una
lavata alla cucina, dobbiamo riconsegnare la villa più pulita
di prima.
Di
solito c’erano due donne albanesi che facevano le pulizie, ma
stavolta il capo non le aveva chiamate, Maurizio diede una
pacca sulla spalla di Nico.
-
Divertiti,- lo disse a voce alta, poi abbassò la voce, - anche i
venti euro delle albanesi si vuole tenere in tasca quello stronzo.
Nico
si inventò un’espressione di finta rassegnazione che fece ridere
Maurizio.
Prese
stracci e spugne e iniziò a pulire la cucina in silenzio,
Carlo era un tipo taciturno, magro, con delle basette anni settanta e
un ciuffo nero a coprirgli la fronte. Sul lavoro non parlava, il suo
vocabolario si esauriva in due parole: sì e no.
In
mezz’ora pulirono tutto. I pensieri di Nico era concentrati
sul laghetto blu, gli sarebbe piaciuto tornarci, stavolta però non
da solo, con un amico o un’amica, prima o poi l’avrebbe
fatto.
Carlo
prese il secchio e iniziò a lavare il pavimento, il capo apparve
all’improvviso, i due pensavano che fosse andato via.
-
Carlo aspetta, fammi dare un’occhiata, entrò, si guardò intorno,
guardò i fuochi della cucina.
-
Sono sporchi, intorno ai fuochi ci sono delle macchie, chi li
ha puliti ?
Nico
si avvicinò.
-
Io capo, per favore se ce l’hai con me dimmelo, se non ti va bene
come lavoro ne parliamo, ma con calma, ma non fare il sergente
di full metal jackets, sono una persona capo te lo stai dimenticando.
il
capo si passò la mano nei capelli e strizzò gli occhi.
-
Io pretendo da tutti le stesse cose, impegno e serietà. Non fare
polemiche inutili, qui è sporco non vedi.
Nico
fece una faccia scocciata.
-
Guarda bene ragazzo, non ti sembra sporco ! - Il
capo prese la bottiglia d’olio che era appoggiata sul ripiano
e la versò vicino ai fuochi. - Bene, ecco adesso è sporco, sei
contento, dai una pulita e poi vai a casa.
Nico
prese lo straccio si avvicinò, piazzò la sua faccia a venti
centimetri dalla faccia del capo, alzò la mano, il capo indietreggiò
impaurito appoggiando il sedere sulla cucina, Nico appoggiò la mano
sulla spalla del capo che si irrigidì e chiuse gli occhi.
-
Adesso pulisco bene, rimani qui a guardare, tu mi paghi e faccio
quello che mi chiedi. Pulisco anche perchè mi piace fare le cose per
bene, ok ? E' giusto lasciare la cucina pulita.
Il
capo non si muoveva,Nico sentiva con la mano tutta la sua
paura. Anche Carlo era immobile, gli si era formato sulle labbra un
lievissimo sorriso.
Nico
tolse la mano e il capo fece due passi laterali e poi raggiunse
la porta.
-
Non te ne andare, rimani a controllare, poi domani ti mando la
mia lettera di dimissioni.
Pulì
con cura, il capo intanto era andato via, e Nico andava avanti
a strofinare con attenzione.
Nico
se ne è andato,- Carlo si avvicinò sorridendo,- lascia stare.
-
Lo faccio per me, non per lui.
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