Giorno 13
Devo fare della mia
solitudine un'opera d'arte.
13 giorni di inerzia, confusione, notizie contrastanti,
incapacità di trovare uno stato d'animo
stabile. Questo virus non se ne andrà presto, ma è anche vero che non
durerà per sempre. Ergo ho un periodo indefinito da usare in modo intelligente.
Devo fare qualcosa di bello.
Non posso riempire la mente solo di numeri, interviste,
paure, stupidaggini dettate dalla voglia di esorcizzare il male.
E non devo essere nemmeno troppo cinico, anche se il fatto di
essere solo non mi aiuta.
Giorno 13 (bis)
Iniziamo a preparare il campo: barba tutti giorni, mangiare
seduti, cucinare, vestirsi decentemente.
Prendere il sole la mattina, leggere. Sono anni che leggo
poco.
I fratelli Karmazov, inizio con loro.
Non devo far passare un giorno senza sentire almeno un amico.
Ogni opera d'arte deve avere la sua cornice.
Giorno 16
Fare della solitudine un'opera d'arte, chissà da dove mi è venuta
fuori questa stronzata! Pronti via niente Karamazov, non ci riesco . Chiudo
word e butto nel cestino quello che sto scrivendo.
No vabbè un cavolo di
ricordo per questo periodo ci vuole,
credo di averne bisogno.
Non cancello.
Giorno 19
Letto “Lo stano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, Stevenson una sorpresa.
E se prendo un cane su Amazon così posso uscire di più? Me lo
mandano impacchettato!
Ho deciso di non sentire più dati e interviste, di non
aspettare i numeri dell'epidemia.
Sto riprendendo il piacere della lettura, leggo quasi con lo
stesso gusto di trent'anni fa, difficile da spiegare, sono tornato a fare del
libro una parte importante della giornata. Mi capitava anche da ragazzo, credo
perché avevo fame di verità e la cosa bella è che forse ne ho ancora un po'.
Devo bere massimo una birra nel pomeriggio, la secondo mi fa
venire il mal di testa.
Non devo usare il sarcasmo nel gruppo di lavoro su whatsapp.
Giorno 24
Fermo in un mix complesso di letture solitudine e birra, il
pensiero si cristallizza in una sequela di ricordi senza una logica, sconnessi
e apparentemente irrilevanti. L'assenza di punti fermi nella giornata mi sta
trascinando in gioco pericoloso, dove metto in discussione ogni scelta che ho fatto da quando ho il dono
della ragione.
Chiudo gli occhi, un sorso di birra, appoggio
le poesie di Carver sulle gambe. Non mi piacciono granché, ma mi
stimolano, mi smuovono i grumi dei pensieri.
Sto litigando con i propositi come un ragazzino, anzi peggio,
perché un ragazzino ha tutto il diritto di litigarci, io lo faccio come un
essere senza età Ho spiegato questo
concetto a Daniele, dopo mezz'ora di telefonata
mi sembrava di emettere parole a
ruota libera; nella mente avevano l'aria di concetti profondi , una volta che i
pensieri diventavano parole si vestivano di una banalità sconcertante. Eppure
Daniele sembrava apprezzare, non so, forse per amicizia.
Ho comprato su Amazon
una cover per il mio telefono con il disegno di un teschio messicano.
Giorno 33
Mi sono svegliato tardi e male. Il l trenino delle cazzate
fatte corre sul tavolo mentre bevo il
caffè,
Più che cazzate sono occasioni perse, tutte a causa di una
nobile ricerca delle verità. La coppia solitudine/ozio sta lavorando bene, scava nelle ferite.
Chiamo Bruno, ormai lo faccio tutti i giorni, gli racconto
del trenino vagone per vagone, lui sdrammatizza, mi prende in giro; mi
dice che tramite un amico ha recuperato
un po' di marijuana e che la sera, prima di andare a letto, si fa una
canna, si rilassa e non pensa al lavoro
che sicuramente, finita la pandemia perderà.
Ho voglia di uscire
vedere gli amici. Ho voglia di tornare a lavorare.
Ho ordinato una felpa con il logo dei Los Angeles Lakers, e
ho scaricato il film Joker.
Giorno 34
Forse trasmetto energie positive, gli amici mi cercano più
del solito.
Non devo scrivere più nel gruppo dei colleghi, non riesco a non essere sarcastico.
“Siddharta”, abbandonato a pagina 12, “Uno nessuno
centomila”, a pagina 7, “Il ritratto di Dorian Gray” a pagina 50.
Mi sono tolto le birre del pomeriggio, ho notato due
centimetri buoni di adipe attorno all'ombelico
Ho riordinato la
libreria a seconda del colore del dorso di libri, una stupidaggine inutile.
Durerà poco.
Giorno 39
Mio vedo con Bruno al supermercato. Nell'attesa c'è un filo
di emozione, talmente facile parlarsi al telefono, ci stiamo un sacco di tempo,
in passato non l'abbiamo mai fatto, non c'era l'esigenza. E' una cosa nuova, m
piace. Adesso vederci con una
mascherina, in un parcheggio, tra la
gente in fila, nervosa e preoccupata,
con tutto quello che ci di diciamo ogni
giorno al telefono, non so, mi blocca . Ok, ma ho voglia di vederlo.
Come immaginavo è stato strano, alla fine siamo rimasti
insieme mezz'ora, ho capito subito che
anche per lui vederci in quel modo non
era essenziale. Mi ha portato un po' di marijuana, gli avevo detto che
invidiavo la sua cannettina serale. Sono
trent'anni che non tocco erba o fumo.
Giorno 40
Titolo su corriere.it, sezione notizie di Milano.
Sessantenne esce di notte e
fuma uno spinello in un parco.
L'articolo ha un tono
ironico, sullo stile: stranezze da quarantena.
I commenti dei
lettori si dividono in due parti:
la maggioranza sostiene che sono un deficiente da prendere a calci in culo e
mettere in galera, una piccola parte
dice scherzando, che mi stima e vorrebbe conoscermi. .
Ho sentito l'avvocato e sembra che non rischio niente; una multa di 400 euro, una denuncia,
ma in pratica non ci saranno conseguenze importanti. Per i 400 euro non me ne
frega niente, sulla denuncia l'unico mio problema è il lavoro, ma non credo che
possano fare qualcosa; il mio avvocato, che è un amico d'infanzia, mi ha detto
che se solo ci provano gli facciamo noi causa e ci becchiamo un sacco di soldi.
Ho riletto 100 volte il titolo dell'articolo “ sessantenne si
fa una canna” , è come se mi avessero tirato una sberla all'improvviso.
“ Esce di notte si mette su di una panchina e non può fare a
meno di farsi uno spinello in piena quarantena, fermato dalla polizia dice che la luna quella sera era bellissima”
Più o meno era tutto giusto, non è che non ne potessi farne a meno, avevo voglia e niente più.
Non ho detto che volevo vedere la luna
piena, ma imbarazzato, ho detto al
poliziotto, un ragazzo giovane e
simpatico, che c'era la luna piena, l'aria fresca e gli chiesto di far finta di niente e lasciarmi andare.
Lui ha guardato il suo collega, ha sorriso, e ha detto che non poteva.
Bruno mi ha telefonato,
non sapeva più come scusarsi, si sentiva in colpa.
L'ho tranquillizzato gli ho spiegato che era tutto sotto
controllo, ho cercato di fargli capire che quello che mi sconvolgeva era
l'articolo, non la denuncia; non
provavo vergogna o qualcosa di simile.
Era come se l'articolo non parlasse di me, io non sono un sessantenne rincitrullito e
irresponsabile, ma il problema è che non sono nemmeno quello che penso di
essere, un cane sciolto che può fare a meno delle regole. E' inevitabile, prima
o poi, andare a sbattere il muso contro
le realtà.
“Hai presente quando provi ad
aprire un uovo di Pasqua per
vedere che sorpresa c'è ? Batti con il
pugno, non fai troppo forte per non sbriciolare il cioccolato; ecco io era un
sacco di tempo che picchiavo piano,
quasi per inerzia, per non sbriciolare non so che cosa; quel cazzo di articolo mi ha fatto dare un
bel colpo e l'uovo si è rotto.”
Bruno mi ha chiesto cosa avevo trovato dentro.
“ Ci ho trovato dentro il dubbio che mi ha girato
nel cervello per tutta la quarantena,
il fatto di non avere idea di
quello che mi rende sereno, è bastato non seguire il flusso normale degli impegni
quotidiani; è bastato stare sul balcone senza guardare l'orologio, prendere il
sole, fumare uno spinello, farfugliare parole assurde a un poliziotto, per
dimenticarmi di quelle quattro cose che inseguivo con l'idea che potessero
farmi star bene. Era tutto marginale, superfluo, generato dall'abitudine. Dopo
la quarantena sarebbe bello fare della consapevolezza una piccola opera d'arte,
almeno provarci.”
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